Felice Casorati è stato uno degli artisti più importanti del Novecento in Italia, e, avendo attraversato il periodo delle avanguardie, il ritorno all’ordine, la fase del fascismo fino ad arrivare al dopoguerra, anche uno dei più longevi. Con occhio aperto verso gli scenari internazionali, inizialmente si avvicina al Simbolismo, si lascia affascinare dalla Secessione Viennese di Gustav Klimt e Oskar Kokoschka, pur guardando a Cézanne, e restando vicino ai principali critici e collezionisti del suo tempo, da Piero Gobetti a Lionello Venturi, da Antonio Casella a Riccardo Gualino. Partecipa a varie edizioni della Biennale di Venezia, ma da artista poliedrico alla pittura affianca una ricca attività grafica e si dedica alla scultura, all’architettura, alla scenografia lasciando maturare anche interessi per le arti applicate e decorative.
Di Casorati il grande pubblico conosce e apprezza soprattutto l’arte degli anni Venti, quando, con artisti come Carlo Carrà, Arturo Martini e Massimo Campigli, si inserisce nelle correnti del ritorno all’ordine. Tendenza artistica dove matura un suo stile neorinascimentale, proprio quello che più frequentemente gli è associato dal pubblico. Difficilmente incasellabile in una corrente precisa, è spesso avvicinato al realismo magico, terminologia con la quale si intende una modalità espressiva tipica dell’Italia degli anni Venti che, nel rifiutare le avanguardie futuriste ed espressioniste, si fonda su una figuratività algida, netta e dettagliata, così realistica da rivelarsi addirittura inquietante. Pittore dal carattere solitario, si contraddistingue grazie a opere che appaiono sospese e statiche, suscitando una sensazione di solitudine melanconica e metafisica sebbene non abbia mai aderito al movimento così chiamato.
Il Realismo magico manifesta la necessità di ritornare all’ordine a seguito delle angosce causate dalla guerra e si esprime attraverso il desiderio di un recupero della classicità, raffigurando scenari immobili e silenziosi, immersi in una dimensione misteriosa, e nelle opere di Casorati, nella semplicità delle composizioni e nella geometricità che le plasma, si apprezza l’influenza dell’ammiratissimo Paul Cézanne, del quale afferma: «Tutta la grandezza del maestro di Aix mi si manifestò improvvisa … l’emozione che ne provai fu enorme e non fu un’emozione di sbalordimento o di stupore, che anzi mi sentii preso da quel senso di calma, di fermezza di equilibrio, che solo le opere dei grandi possono dare».

La mostra Felice Casorati, che si tiene dal 18 marzo fino al 2 luglio 2023, presso la Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo (Parma), nel proseguire l’intrapreso approfondimento sui protagonisti della pittura italiana del secolo scorso intende ripercorrere la parabola artistica del pittore piemontese, contestualizzato nella storia dell’arte novecentesca. Con oltre sessanta opere, provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private, ne ricostruisce il percorso, dagli esordi alla maturità.
La musica, che fortemente plasma la poetica di Casorati, è la chiave d’ingresso delle sue opere nella Villa dei Capolavori del colto collezionista, storico dell’arte, musicologo, compositore, scrittore quale è stato Luigi Magnani e sempre la musica diventa uno dei temi che strutturano la mostra.
La sensibilità musicale ha, infatti, contraddistinto la biografia, la cultura e la pittura di Casorati modellandone le opere, quelle che, non a caso, Carlo Ludovico Ragghianti definisce “lente melopee di piani o di spazi”. Un tema perfetto, quindi, per indagare la natura concertata e sorvegliata della sua arte, e della sua attitudine concettuale alla costruzione di una teatralità alimentata dall’invenzione.
La rassegna parmense si apre con i dipinti d’esordio, chiare prove della sua precoce e sofisticata cultura visiva che si esprime nell’equilibrio pacato e misurato del Ritratto della sorella Elvira, che segna il debutto alla VII Biennale di Venezia nel 1907, e de’ Le ereditiere, esposto alla IX Biennale. Diversa, invece, è l’atmosfera che si avverte nel capolavoro Le signorine, del 1912, un’opera cruciale che per la tavolozza chiara e luminosa e per lo studio delle figure e del nudino centrale, manifesta una svolta nella sua pittura.

In mostra si coglie efficacemente la stagione casoratiana negli anni Venti, quando il desiderio di recuperare ordine porta nell’arte europea il ritorno di una nuova classicità. L’esposizione di quadri come Le due sorelle, Fanciulla col linoleum e Maschere proietta in un’atmosfera sospesa e silenziosa, impregnata da misura, ordine, malinconia e mistero, in un teatro di infinite allusioni al mestiere, alla pratica della pittura, intesa come incessante studio e ricerca, confronto con la modella e con l’antico. Nell’esplicito omaggio a Piero della Francesca, nel celeberrimo dipinto Silvana Cenni una muta immobilità permea ogni cosa, congelando la scena in un misterioso fermo immagine. Tutto fin nei più minuti dettagli è talmente realistico da tradursi in straniamento. Come ulteriore riferimento a Piero, nella sua pittura c’è anche il tema ricorrente della natura morta di uova, forma perfetta e fragile consistenza che gli permettono una riflessione sul contrasto tra la precarietà e la solidità formale. La relazione tra pittura e musica è esplicitata anche in una serie di importanti dipinti esposti i quali, nella cornice di una ipotetica vicinanza tra il collezionista Magnani e l’artista, pongono in risalto le loro passioni comuni. In particolare, si fa riferimento al dipinto Beethoven, appartenente alla Collezione Vaf-Stiftung.

Anche l’intensa attività di Casorati scenografo teatrale viene documentata in mostra con un corpus di bozzetti e figurini della Fondazione Teatro alla Scala di Milano. Un ordinamento cronologico, necessario per una lettura filologica della pittura casoratiana, che talvolta è intercalato da accelerazioni temporali che anticipano gli esiti della ricerca su un medesimo tema o soggetto, al fine di comprendere l’essenza del “complicato intreccio formato dallo svolgersi della mia pittura”, come Casorati stesso direbbe. Il visitatore può così cogliere, osservando lo studio delle architetture interne ai dipinti, il gioco degli spazi, la tavolozza attentamente composta nell’equilibrio dei valori tonali, cromatici e luminosi, la coerenza e, insieme, la magia che segnano la ricerca dell’artista anche nelle opere dei decenni successivi.