Mentre la personalità e l’opera di Umberto Boccioni come padre fondatore del Futurismo sono state ampiamente affrontate attraverso studi e mostre che nel corso degli anni gli sono stati dedicati, offre ancora spunti di approfondimento e meditazione il percorso formativo del giovane Boccioni. Dalla primissima esperienza a Roma, a partire dal 1899, sino agli esiti pittorici immediatamente precedenti l’elaborazione del Manifesto dei pittori futuristi nella primavera del 1910, la sua attività si svolse in tre diverse città: i circoli culturali di Roma, Venezia e Milano hanno rappresentato i punti di riferimento formativi per l’artista nel decennio cruciale durante il quale sperimenta tecniche e stili alla ricerca di un linguaggio originale, e al tempo stesso recepisce gli stimoli delle nascenti avanguardie. Il multiforme e variegato panorama delle vicende artistiche in Italia tra il 1900 e il 1910 costituisce uno sfondo imprescindibile per comprendere le varie fasi della ricerca di Boccioni e il carattere eterogeneo della sua produzione. La prima tappa fondamentale è rappresentata dagli anni del soggiorno romano, quando Giacomo Balla lo introduce alla nuova tecnica del divisionismo, “senza tuttavia insegnarcene le regole fondamentali e scientifiche”, annota nelle sue memorie Gino Severini, che insieme a Boccioni seguiva l’insegnamento di Balla. Un esempio felice di questo approccio empirico alla nuova tecnica è rappresentato da Campagna romana del 1903, in cui la massa dell’animale al pascolo spicca con la sua corposa volumetria sul prato vibrante di forme e colori indefiniti e quasi impalpabili.
Nel 1905, insieme a Severini, Boccioni organizza nel foyer del Teatro Costanzi di Roma la “Mostra dei rifiutati”, in polemica con l’esclusione dalla mostra “degli Amatori e Cultori” e con l’intento di permettere agli oppositori delle tendenze ufficiali di esporre le proprie opere. il periodo romano segnò non solo il progressivo avvicinamento dell’artista alla pittura, ma anche al mondo dell’illustrazione commerciale – la réclame – che rappresentava, come prodotto artistico, una perfetta e “straordinaria espressione moderna”.
Per la seconda fase della formazione boccioniana furono determinanti i soggiorni padovani e l’ultimo viaggio a Venezia in occasione della Biennale d’Arte del 1907. Nella produzione di questi anni è possibile seguire il progredire della pittura di Boccioni, ma anche la sua posizione estetica rispetto a ciò che ha modo di osservare e conoscere a Venezia: in questa sede può mettere a frutto quanto maturato a Parigi e studiare le opere significative di pittori veneziani, che commenta nelle proprie riflessioni sulle Biennali. Si tratta di un’importante testimonianza che permette di comprendere le inclinazioni e le predilezioni estetiche di Boccioni nei confronti di un’arte che rechi «un’impronta nobilissima di aspirazione a una bellezza ideale», come scrisse a proposito della Sala del Sogno. Qui, davanti al simbolismo di Previati e Nomellini, annota nel suo diario: «Vorrei cancellare tutti i valori che conoscevo, che conosco e che sto perdendo di vista, per rifare, ricostruire su nuove basi! Tutto il passato, meravigliosamente grande, m’opprime io voglio del nuovo! E mi mancano gli elementi per concepire a che punto si è, e di cosa si ha bisogno. Con che cosa far questo? col colore? o col disegno? con la pittura? con tendenze veriste che non mi soddisfano più, con tendenze simboliste che mi piacciono poco e che non ho mai tentato? Con un idealismo che non so concretare?». Gli esiti più significativi del periodo trascorsotraPadovaeVenezia simanifestanonellinguaggio figurativo di Boccioni con una nuova concezione dell’energia luminosa, come nel Ritratto dell’Avvocato Carlo Manna del 1907: a due anni dal ritratto della Signora Virginia, dove ancora appariva significativa l’influenza della ritrattistica ottocentesca, il colore si frantuma in una fitta tessitura e la stessa vibrazione accomuna il soggetto e lo sfondo, immersi nella luce marina che sfalda le forme in un pulviscolo colorato.
Durante il periodo veneziano Boccioni si interessa al mondo dell’incisione, alla quale si dedica sotto la guida di Alessandro Zezzos. Dopo una prima fase, caratterizzata dalla ricerca di intensi effetti di luce e ombra, l’artista alleggerisce la composizione a favore di una struttura figurativa semplificata: la linea di contorno prevale fino a divenire quasi l’unico elemento figurativo, sopprimendo in gran parte i valori tonali e i passaggi chiaroscurali.
La terza tappa fondamentale per l’evoluzione della carriera artistica di Boccioni è Milano, dove giunge nel settembre del 1907. Con l’arrivo nella “grande città”, prende impulso una nuova energia, che si manifesta in una serie di dipinti come l’Autoritratto (1908) custodito presso la Pinacoteca di Brera. Qui l’artista si rappresenta in primo piano, all’aperto, sullo sfondo di una periferia urbana: compare per la prima volta in un’opera boccioniana un tema che sarà tra i più rappresentati e significativi dell’estetica futurista, quello della Città che sale, primo esempio di opera compiutamente futurista che Boccioni realizzerà nel 1910. LaFondazioneMagnani-Rocca dedicaaUmbertoBoccioni la rassegna Boccioni 1900-1910. Roma Venezia Milano, composta da oltre cento opere, in corso dal 9 settembre al 10 dicembre 2023 nella sede di Mamiano di Traversetolo presso Parma. L’obiettivo è quello di seguire la formazione boccioniana nei suoi aspetti molteplici, senza considerarla semplicemente come una fase preparatoria all’approdo al futurismo. Si precisa così la definizione di un linguaggio e di una posizione estetica che nascono dal confronto con le ricerche e le idee che animavano i vari ambienti artistici nel periodo in cui Boccioni li frequentò.
Nel ricostruirne il percorso creativo, incentrato attorno al superamento della posizione naturalista di partenza, la mostra presenta una selezione di opere che, spaziando dall’illustrazione al disegno sino alla pittura, ripercorre attraverso alcuni nuclei tematici – dal paesaggio alle composizioni simboliche passando per le variazioni compositive sui ritratti e le figure femminili – la definizione di una impronta personale che rispecchia la tensione verso l’Idea manifestata da Boccioni nei suoi scritti giovanili. L’importanza dell’incontro con Milano, dove l’artista si stabilì – come disse – «con l’intenzione rapace di vincerla e conquistarla» emerge dal confronto tra la sua produzione di questo periodo con quelle degli artisti attivi nel capoluogo lombardo a inizio secolo, in particolare Previati. Risalta così l’originalità di Boccioni all’interno di una frangia dell’avanguardia più sperimentale e di nicchia che aveva come punto di riferimento la Famiglia Artistica. L’associazione costituì un importante punto di contatto fra l’artista e coloro che avrebbero condiviso l’avventura del Futurismo: qui conobbe Marinetti, e poi Russolo e Severini con i quali – insieme con Balla e Carrà – nel 1910 firmerà il manifesto della pittura futurista. Nel percorso della mostra l’accostamento a opere di Giacomo Balla, Gino Severini, Gaetano Previati, Mario Sironi, Carlo Carrà illustra i rapporti visuali e culturali che costruirono e definirono la personalità artistica di Boccioni nel periodo immediatamente precedente a nascita del Futurismo.
In un’appassionata conferenza, tenuta a Mantova il 28 febbraio 1916, quando la stagione futurista era nel momento della sua piena maturità, Boccioni dichiarava: «E non sorridete […] quando vedete un artista che tenta una nuova espressione. Pensate che chi cerca il nuovo soffre, soffre intensamente, prova delle emozioni dolorosissime. Sappiate ammirare un tentativo anche se è rimasto tale, perché profondamente degno di rispetto chi cerca di aprirvi il suo cuore e dirvi la sua emozione con una parola nuova, anche se non riesce completamente ad esprimersi.»