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La valutazione dopo una prima crisi epilettica negli adulti

di Kate Rowland, Carl Earl Lambert Jr. • Novembre 2022
Con il termine crisi epilettica si intende l’insieme di segni e sintomi transitori dovuti ad una attività neuronale cerebrale anomala, eccessiva o sincrona. Fino a circa il 10% degli adulti presenta almeno una crisi epilettica nel corso della vita, con un’incidenza maggiore nelle persone con età superiore ai 55 anni. Un terzo delle persone presenta inoltre, una crisi ricorrente entro un anno dalla prima crisi non provocata. Le crisi acute sintomatiche (provocate) si ripetono meno spesso, soprattutto quando vengono riconosciuti i fattori predisponenti. Dopo aver accertato una probabile crisi epilettica, la valutazione deve concentrarsi sull’identificazione dei fattori predisponenti quali neoplasie, squilibri meta- bolici, patologie infettive, ictus, lesioni cerebrali traumatiche, farmaci o l’abuso di sostanze. La risonanza magnetica con protocollo per lo studio dell’epilessia e l’elettroencefalogramma devono essere eseguiti il prima possibile. La puntura lombare è utile se si sospetta una infezione intracranica. L’immediato inizio della terapia antiepilettica riduce le recidive nei primi due anni del 35%. I tassi di recidiva nei successivi tre e cinque anni sono invece simili nei pazienti che iniziano la terapia antiepilettica, subito dopo la prima crisi, e coloro che non la iniziano. La decisione in merito al permesso di guida varia a seconda dello Stato di appartenenza. Dopo una crisi epilettica, è necessario infine affrontare il tema della sicurezza del paziente, garantendo la presenza di un supporto nelle attività quali il nuoto, l’utilizzo della vasca da bagno e valutando i possibili pericoli presenti nella vita di tutti i giorni, come ad esempio le scale.

(Am Fam Physician. 2022; 105(5):507-513. Copyright © 2022 American Academy of Family Physicians.)

La Lega Internazionale contro l’Epilessia (International League Against Epilepsy, ILAE) definisce le crisi epilettiche come la manifestazione di segni o sintomi transitori, dovuti ad una attività cerebrale neuronale anomala, eccessiva o sincrona.1 L’ILAE classifica le crisi in base alla localizzazione cerebrale d’insorgenza: focali, generalizzate o sconosciute. Esse sono a loro volta ulteriormente categorizzate in base alla presenza o all’assenza di sintomi motori e alla perdita di coscienza.1

Nelle crisi epilettiche generalizzate si verifica una attività elettrica anomala in tutto il cervello. Questo tipo di crisi si associa sempre alla perdita di coscienza.1 Le crisi ad insorgenza focale iniziano in una determinata area cerebrale, ma possono poi diventare generalizzate fino a coinvolgere l’intero cervello ed in alcuni casi si possono associare a perdita di coscienza.1 I sintomi motori possono includere i classici movimenti tonico-clonici, ma anche mioclonie o crisi atoniche.1 I sintomi non motori delle crisi epilettiche includono alterazioni emotive, sensoriali, cognitive, o la mancanza di movimento dovuta ad una crisi di assenza.1 La maggior parte delle persone, che presentano una prima crisi epilettica, non è affetta da epilessia. La diagnosi di epilessia solitamente richiede la presenza di due crisi, non provocate, verificatesi a distanza di almeno 24 ore l’una dall’altra. La diagnosi può essere fatta anche sulla base di una singola crisi, non provocata, se concomita il rischio, di almeno il 60%, di una seconda crisi nei 10 anni successivi, o se ci si trova nel contesto di una sindrome epilettica.2 Determinare il rischio di una possibile seconda crisi epilettica è quindi una parte importante della valutazione dopo un primo episodio, sebbene non esista una formula per calcolare il rischio ed i fattori stessi debbano essere considerati singolarmente.

Epidemiologia

Il rischio di sviluppare una crisi epilettica nell’arco della vita di un adulto è di circa il 10%, sebbene solo al 3% di questi pazienti verrà posta diagnosi di epilessia.3 L’incidenza di una prima crisi epilettica aumenta con l’età a partire dai 55 anni, ed in particolare presentano un maggior rischio le persone con età superiore ai 75 anni.4 Nei paesi a basso reddito, il tasso di una prima crisi epilettica è più alto rispetto a quello presente negli Stati Uniti.5

I paesi a basso e medio reddito raccolgono complessivamente circa l’80% di tutti i casi di epilessia nel mondo. Ciò può essere dovuto ad una maggiore prevalenza dei fattori di rischio per l’epilessia, come ad esempio condizioni congenite, infezioni intracraniche e lesioni cerebrali traumatiche.5 Nei paesi ad alto reddito, invece, è più probabile che una prima crisi epilettica insorga in individui affetti da deprivazione sociale ed economica.6 In tutto il mondo, le crisi epilettiche aumentano laddove non vi è un adeguato accesso all’assistenza sanitaria.7

Tipi di crisi

Sistema SORT: Principali raccomandazioni per la pratica clinica

CRISI SINTOMATICHE ACUTE (PROVOCATE)

Le crisi sintomatiche acute, note anche come crisi provocate o situazionali, sono manifestazioni di un insulto acuto del sistema nervoso centrale. L’ictus e l’infezione del sistema nervoso centrale sono i fattori scatenanti più comunemente riscontrati.8 Altri fattori predisponenti includono le alterazioni metaboliche, come gli squilibri elettrolitici, effetti tossici da farmaci, alcol o droghe, compresa l’overdose.9 I fattori scatenanti possono essere di natura infettiva, infiammatoria, metabolica, strutturale o tossica10 (Tabella 111-15). Circa il 40% delle prime crisi epilettiche è associato a fattori predisponenti. La valutazione dopo una prima crisi, dovrebbe concentrarsi sull’identificazione di questi fattori10 (Figura 13,7,16-20). Ciò consente di trattare le eventuali condizioni sottostanti o di valutare la presenza di un aumentato rischio di ricorrenza delle crisi, al fine di ridurre la possibilità di successivi episodi.7

Tabella 1

Cause comuni di crisi epilettiche acute (provocate)

CRISI EPILETTICHE NON PROVOCATE

Le crisi non provocate, o idiopatiche, non presentano alla valutazione, una chiara causa scatenante. Le crisi epilettiche non provocate sono più comuni nei giovani8 ed hanno una maggiore probabilità di recidiva rispetto a quelle dovute ad una causa scatenante, individuata durante la valutazione.9 Le crisi non provocate si dividono in due categorie: quelle ad eziologia non nota e quelle legate alla presenza di lesioni progressive o preesistenti del sistema nervoso centrale. Le crisi non provocate ad eziologia nota includono quelle dovute a precedenti lesioni cerebrali traumatiche, paralisi cerebrali congenite e pregresse infezioni del sistema nervoso centrale.21 A differenza delle crisi acute sintomatiche, l’insulto al sistema nervoso centrale non si verifica nello stesso arco di tempo della crisi. La recidiva è più comune nelle crisi non provocate ad eziologia nota.22

CRISI PSICOGENE NON EPILETTICHE

Le crisi psicogene non epilettiche (Psychogenic Nonepileptic Seizures, PNES) presentano sintomatologia simile a quella delle crisi epilettiche ma non si associano ad una attività elettrica cerebrale anomala. Hanno origini psicologiche e sono state chiamate anche pseudo crisi epilettiche (pseudoseizures). Lo standard diagnostico nelle PNES è rappresentato dal monitoraggio video-elettroencefalografico (EEG) durante la fase acuta della possibile crisi epilettica.23 È opportuno sottolineare che la diagnosi di PNES non esclude le crisi epilettiche neurologiche, in quanto la PNES può coesistere con le crisi epilettiche neurologiche e con l’epilessia. In uno studio condotto su oltre 2.000 persone con epilessia refrattaria, il 32% presentava una diagnosi di PNES al monitoraggio video-EEG.24 Nello stesso studio, il 5% delle persone con diagnosi di PNES risultava anche affetto da epilessia e nel 2% erano già state diagnosticate entrambe le condizioni.24

Le persone affette da PNES spesso lamentano esperienze negative con il sistema sanitario e hanno maggiori probabilità, rispetto ai pazienti con epilessia, di soffrire di disturbi mentali. I due gruppi sono tuttavia simili per quanto riguarda la distribuzione del sesso ed dell’età alla diagnosi.25,26 Il trattamento della PNES richiede un’assistenza interdisciplinare che includa un’efficace cura della salute mentale associata ad una continuità nella presa in carico. La terapia cognitivo-comportamentale può essere più efficace, rispetto alle abituali cure, nel ridurre l’attività convulsiva nel breve termine.27 I pazienti manifestano spesso il timore di non essere completamente capiti in quanto percepiti come affetti da una condizione psichiatrica anziché neurologica, il che può interferire con l’efficacia del trattamento.26

Figura 1

Algoritmo per la valutazione e la gestione nel sospetto di una prima crisi epilettica negli adulti

VALUTAZIONE

L’obiettivo della valutazione clinica deve essere quello di determinare se il paziente ha avuto una crisi epilettica o se si è trattato di altre condizioni, che possono simulare una crisi epilettica, come ad esempio la sincope, l’emicrania o l’ictus senza crisi.9 Se si sospetta una crisi epilettica, la valutazione si dovrà concentrare quindi sull’identificazione dei fattori scatenanti. La valutazione non varia a seconda della classificazione della crisi.

ANAMNESI

Oltre al racconto dell’evento da parte del paziente stesso, sono essenziali le dichiarazioni da parte di eventuali testimoni. La diagnosi di crisi epilettica è più probabile se vi è stato morso della lingua (morsus), rotazione o torsione del capo, clonie a carico degli arti o incontinenza urinaria.

Anche la presenza di sintomi prodromici, come ad esempio déjà vu, cambiamenti dell’umore, allucinazioni, confusione o amnesia post-critica, aumentano la probabilità che si sia trattato di una crisi epilettica. Tra i fattori che suggeriscono una diversa diagnosi vi sono invece il dolore toracico, la nausea, la dispnea, il cardiopalmo ed i sintomi pre-sincopali quali obnubilamento, visione a tunnel e vertigini.7,16

FARMACI ED ABUSO DI SOSTANZE

Molti farmaci possono contribuire all’insorgenza di crisi epilettiche; pertanto, la valutazione deve includere una completa anamnesi farmacologica che includa farmaci, sostanze, compresi quelli recentemente iniziati o sospesi.28 I farmaci più sovente associati ad un aumentato rischio di crisi epilettiche sono il bupropione (Wellbutrin), la difenidramina (Benadryl) ed il tramadolo.29 La Tabella 2 elenca altri farmaci associati ad un aumentato rischio di sviluppare crisi epilettiche.17,18,28,30-33 Le crisi possono essere causate dal consumo di sostanze quali alcol, oppioidi, neurostimolanti, cocaina, o dall’astinenza dalle stesse.17

ESAME OBIETTIVO

Un esame neurologico completo deve essere condotto alla risoluzione del periodo post-critico, a paziente vigile, non più disorientato, al fine di identificare eventuali fattori neurologici scatenanti, come ad esempio la presenza di un deficit di lato (ad esempio: debolezza emilaterale o afasia).34 L’esame obiettivo può evidenziare anche altri fattori scatenanti, segni di infezione, malattia cerebrovascolare o squilibrio metabolico.

ESAMI DI LABORATORIO

Sebbene vi siano opinioni contrastanti circa il ruolo degli esami di laboratorio, alcuni parametri possono identificare sottostanti fattori scatenanti. Alterazioni dell’emocromo completo con formula possono suggerire la presenza di una infezione del sistema nervoso centrale. Il pannello metabolico completo può evidenziare la presenza di iperglicemia, disturbi elettrolitici, in particolare iponatriemia, o un quadro di insufficienza renale o epatica. Sebbene uno screening tossicologico possa indicare l’eventuale assunzione di sostanze scatenanti, le evidenze ad oggi a disposizione, non sono sufficienti per raccomandare lo screening tossicologico in tutti i pazienti con una prima crisi epilettica.18

Non vi sono esami di laboratorio in grado di diagnosticare, con precisione, una recente crisi epilettica, sebbene normali livelli di prolattina sierica possano aiutare ad escludere una crisi epilettica in un paziente con sospetta diagnosi di PNES.35 L’utilità della prolattina, tuttavia, è stata messa in dubbio da uno studio condotto su pazienti sottoposti a monitoraggio EEG in continuo, nel quale il 25% dei pazienti con crisi non epilettiche presentava elevati livelli di prolattina, mentre il 15% dei pazienti con crisi neurologiche presentava livelli di prolattina nella norma.36 Sebbene il livello di prolattina sierica possa essere elevato dopo una crisi epilettica, altri eventi possono essere associati ad un aumento della stessa. In uno studio, l’aumento dei livelli della prolattina è stato riscontrato nel 60% dei pazienti dopo sincope vasovagale e nel 78% dei pazienti dopo crisi epilettica.37

NEUROIMAGING

In circa il 30% dei pazienti con una prima crisi epilettica le indagini neuroradiologiche evidenziano reperti patologici.9 La tomografia computerizzata dell’encefalo deve essere eseguita tempestivamente in caso di crisi focale, febbre, cefalea persistente, deficit neurologici, trauma cranico acuto, o in pazienti in terapia con farmaci anticoagulanti, immunocompromessi, ed oncologici .9,38

La risonanza magnetica (RM) con protocollo di studio specifico per l’epilessia è indicata in tutti i pazienti con una prima crisi epilettica, non febbrile, in cui la valutazione iniziale non abbia evidenziato fattori predisponenti o scatenanti, ma, in generale dovrebbe essere presa in considerazione in tutti i pazienti.9,18 Il protocollo specifico per l’epilessia utilizza strati sottili per migliorare la sensibilità ed evidenziare le lesioni associate all’epilessia. Anche nel caso in cui sia stata eseguita una normale risonanza magnetica, è raccomandato richiedere una successiva RM con protocollo specifico per l’epilessia.3,9,19 Se la risonanza magnetica non dovesse essere disponibile, può essere considerata la tomografia computerizzata.

Tabella 2

Farmaci associati a un aumentato rischio di crisi epilettiche

PUNTURA LOMBARE

In caso di febbre, rachialgia, alterazioni dello stato mentale, o in pazienti immunocompromessi può essere utile, dopo la normale valutazione diagnostica e l’esecuzione delle indagini radiologiche, eseguire una puntura lombare al fine di evidenziare una eventuale infezione intracranica. Nei pazienti vigili, in assenza di segni, sintomi o fattori di rischio per infezione, non vi sono evidenze sufficienti a supporto della puntura lombare.18

ELETTROENCEFALOGRAMMA

L’EEG deve essere eseguito il prima possibile, idealmente entro 24 ore dall’insorgenza dei sintomi, quando vi sono maggiori probabilità che l’esame evidenzi l’attività epilettiforme.3,7,9,18 Se l’elettroencefalogramma dovesse risultare nella norma, può risultare utile un approfondimento mediante EEG dopo deprivazione di sonno o un EEG ambulatoriale prolungato (detto anche EEG Holter) in grado di registrare l’attività epilettiforme. Si raccomanda di completare questi studi di follow-up il prima possibile, idealmente entro sette giorni dalla crisi epilettica.39 La presenza di anomalie all’EEG arriva a raddoppiare il rischio di recidiva di crisi epilettiche, il che influisce sul successivo trattamento terapeutico.18,21

L’EEG deve essere eseguito solo nei pazienti in cui la presentazione clinica possa essere compatibile con una crisi epilettica, come nei casi testimoniati di movimenti tonico-clonici, stato post-critico e nel caso in cui l’esame obiettivo evidenzi morsus o altri reperti suggestivi. Anomalie elettroencefalografiche vengono identificate in circa la metà dei pazienti con una prima crisi, ma anche nel 4% dei pazienti senza crisi.7 Nei pazienti che hanno avuto una perdita di coscienza non testimoniata, l’elettroencefalogramma non è in grado di escludere una crisi epilettica. Un EEG nei limiti di norma non permette di escludere il sospetto di crisi epilettica poiché fino al 10% dei pazienti con epilessia presenta inizialmente un EEG nella norma.7

VALUTAZIONE AMBULATORIALE

I pazienti clinicamente stabili, in cui non si evidenzia un chiaro fattore scatenante, possono essere dimessi in sicurezza direttamente dal Pronto Soccorso.20 Il ricovero per eseguire l’elettroencefalogramma e le indagini neuroradiologiche è giustificato solo se tali accertamenti non possono essere eseguiti tempestivamente in regime ambulatoriale.

PREVENZIONE DELLE CRISI RICORRENTI

Circa un terzo degli adulti presenta una seconda crisi entro un anno di distanza dalla prima crisi epilettica non provocata e quasi la metà ha un secondo episodio durante i due anni successivi.21 Fattori di rischio come: crisi notturne, reperti patologici all’EEG e alle indagini neuroradiologiche oltre ad una anamnesi positiva per danno cerebrale, raddoppiano il rischio di crisi ricorrenti.21

La decisione in merito alla terapia antiepilettica si basa sulla valutazione del rischio di recidiva del paziente. Il rischio stimato di recidiva, dopo la valutazione ed il riconoscimento dei fattori predisponenti o scatenanti, deve essere discusso ed accompagnato da un processo decisionale condiviso che valuti sia i rischi che i benefici derivanti dalla terapia farmacologica. Il rifiuto del farmaco da parte del paziente è comprensibile, soprattutto in mancanza di fattori di rischio.

L’inizio tempestivo della terapia antiepilettica dopo una prima crisi riduce il rischio assoluto di recidiva del 35% nei due anni successivi.21 Il beneficio dei farmaci antiepilettici diminuisce nel tempo. I pazienti che non hanno iniziato una terapia antiepilettica hanno un tasso di crisi recidivanti nell’arco dei tre ed i cinque anni successivi, simile a quello dei pazienti in terapia dopo la prima crisi epilettica.21,40 Nonostante una precoce riduzione in numero delle crisi, la terapia antiepilettica non migliora la qualità della vita.21 I farmaci antiepilettici non influenzano la mortalità dopo una prima o dopo le successive crisi.40,41 Fino al 31% dei pazienti riporta effetti avversi dovuti alla terapia antiepilettica.21 La maggior parte degli effetti avversi sono lievi e reversibili, ma includono alterazioni cognitive, difficoltà di coordinamento, sonnolenza e cambiamenti di personalità.21,42

I pazienti possono decidere di iniziare il trattamento farmacologico per abbreviare le restrizioni inerenti alla guida, in quanto spesso è richiesto un periodo senza crisi epilettiche prima di poter tornare a guidare. I pazienti in terapia antiepilettica hanno maggiori probabilità di poter guidare trascorsi due anni.43 La scelta dei farmaci antiepilettici è ampiamente discussa in un precedente articolo sul trattamento dell’epilessia (https://www.aafp.org/afp/2017/0715/ p87.html).

CONSIDERAZIONI SULLA SICUREZZA

Negli Stati Uniti ogni Stato ha una propria legislazione in materia di limitazioni alla guida e del ruolo delle segnalazioni da parte del personale medico. In alcuni Stati, il paziente può riprendere a guidare, con alcune limitazioni, se non vi sono state crisi epilettiche negli ultimi 12 mesi; in altri, la ripresa della guida è a discrezione del medico curante. La Epilepsy Foundation riassume i requisiti per ogni singolo Stato all’indirizzo https://www.epilepsy.com/driving-laws. I pazienti che hanno avuto una prima crisi epilettica devono essere istruiti al fine di evitare situazioni pericolose, per la possibilità di crisi successive. È necessario quindi evitare situazioni potenzialmente pericolose dal punto di vista fisico, come l’utilizzo di scale e oggetti appuntiti; si raccomanda inoltre di essere assistiti quando si nuota o si fa il bagno.7

Questo articolo aggiorna i precedenti scritti su questo tema a cura di Adams e Knowles44 e Wilden e Cohen- Gadol.45

Fonte dei dati: una ricerca è stata condotta su PubMed ricercando studi clinici e revisioni utilizzando i termini chiave “seizure” “first seizure” e “seizure NOT febrile NOT epilepsy.” È stata inoltre condotta una ricerca su Cochrane Database of Systematic Reviews, Agency for Healthcare Research and Quality, U.S. Preventive Services Task Force, Essential Evidence Plus incluso InfoPOEMs e UpToDate. La ricerca ha incluso le linee guida presenti sul sito del- l’American Academy of Neurology, dell’American College of Emergency Physicians e dell’ International League Against Epilepsy ed il sito web dell’ Epilepsy Foundation. La ricerca è stata condotta in data 9 febbraio 2021, 12 aprile 2021, 14 aprile 2021 e 12 gennaio 2022.

Gli Autori

Dr.ssa KATE ROWLAND è vice chair e associate professor presso il Department of Family Medicine della Rush University, Chicago III. Al momento della stesura di questo articolo la dr.ssa Rowland era core faculty member presso la Rush Copley Family Medicine Residency, Aurora, Ill.

Dr. CARL EARL LAMBERT è direttore del Rush Family Medicine Leadership Program e assistant professor presso il Department of Family Medicine della Rush University.

Gli autori ringraziano la dott.ssa Angelica Lee, per i suggerimenti e l’assistenza fornita per la realizzazione dell’algoritmo.

Dichiarazione da parte degli autori: nessuna relazione finanziaria rilevante.

Informazioni per i pazienti: Un opuscolo su questo argomento, scritto dagli autori di questo articolo, è disponibile all’indirizzo https://www.aafp.org/afp/2022/0500/p507- s1.html.

Con il permesso della American Academy of Family Physicians, tradotto e ristampato da Am Fam Physician.

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di
Dr. Tyler S. Rogers, Dr.ssa Mary Alice Noel, Dr. Benjamin Garcia
Novembre 2023
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